Il Tribunale Palermo interviene sulla condotta che deve seguire il Datore di Lavoro che non informa i sindacati sui trattamenti automatizzati.
Costituisce condotta antisindacale e assume rilevanza anche in sede penale per violazione della sfera personale il comportamento della società che rifiuta di fornire alle organizzazioni sindacali l’informativa contenente la descrizione delle modalità di trattamento delle informazioni utilizzati nei processi decisionali aziendali e che risultano basati su sistemi interni interamente automatizzati.
Questo è quanto ha previsto la sentenza emessa dalla sezione lavoro del Tribunale di Palermo il 20 giugno 2023 che ha affermato che il costante rifiuto della società di comunicare ai sindacati le informazioni riguardanti la descrizione delle tecniche di automatizzazione dei processi aziendali assunti all’interno della propria organizzazione di lavoro, rappresenta, da un lato una violazione dei diritti sindacali e, dall’altro, rappresenta un illecito di natura penale in quanto considerato lesivo della sfera personale del dipendente.
Nel caso di specie un dipendente ha chiesto all’azienda di conoscere il funzionamento inerente l’automatizzazione di alcuni processi interni con particolare riferimento ai processi di monitoraggio delle performance del personale dipendente.
Le ragioni di tale richiesta erano, per la difesa del lavoratore, riconducibili alle mansioni che lo stesso ricopriva in azienda di responsabile della divisione risorse umane e ricerca del personale della società. Si trattava di un ruolo delicato che presupponeva la conoscenza in capo al personale di tutti gli aspetti del processo di recruiting all’interno dei quali si includeva la valutazione delle performance del singolo dipendente. Si argomentava, poi, che l’assolvimento dell’obbligo di informazione da parte dell’azienda era disceso dall’applicazione delle disposizioni del c.d. decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/22).
Il decreto Trasparenza ha riconosciuto alle aziende indipendentemente dalla loro dimensione l’obbligo di spiegare sinteticamente a tutti i dipendenti le proprietà dei software adibiti alla gestione dei rapporti di lavoro.
A tal proposito il decreto in questione, sulla questione inerente la gestione dei processi automatizzati ha riservato una specifica regolamentazione. Tale regolamentazione ha previsto che il datore di lavoro deve riportare in una apposita informativa la descrizione dettagliata delle modalità con cui è solita effettuare il monitoraggio interno inerente le performance del proprio personale dipendente.
In altri termini, a seguito dell’emanazione del decreto Trasparenza, l’informazione non poteva più solo essere contenuta all’interno dell’informativa privacy prevista dal regolamento europeo n. 2016/679 in materia di tutela dei dati personali ma doveva essere regolamentata con un documento informativo apposito.
Ancora più che il legislatore ha da ultimo ulteriormente rafforzato questo diritto di informazione del lavoratore con l’introduzione nell’ordinamento del c.d. decreto Lavoro (dl 48/23 convertito in legge n. 85/23) che ha disciplinato proprio la questione dei processi automatizzati con particolare riguardo alla protezione della sfera della vita personale dei dipendenti.
Si tratta di un diritto, quello della tutela della sfera personale, costituzionalmente garantito e la cui violazione può essere svolta d’ufficio in sede penale.
La violazione della sfera personale di una persona rappresenta una autonoma fattispecie giuridica di reato che può essere desunta anche in via presuntiva dallo svolgimento dei fatti narrati e provati durante l’eventuale procedura pendente dinanzi al Tribunale del Lavoro.
Il dipendente, durante il giudizio di primo grado, ha sostenuto dunque da un lato la violazione del comportamento antisindacale del datore di lavoro poiché quest’ultimo aveva omesso di fornire le informazioni di cui si sta trattando e richieste espressamente dalle organizzazioni sindacali stesse, dall’altro, invece, ha lamentato la lesione della sfera personale del ricorrente.
Al contrario la linea difensiva della società ha sostenuto che l’obbligo informativo con la descrizione dei software impiegati in azienda per la gestione del personale era stato inviato alla posta elettronica aziendale del personale dipendente. Il dipendente non poteva non essere a conoscenza dell’applicazione in azienda di sistemi automatizzati specifici e riguardanti anche la gestione del personale.
La società eccepiva poi che tali informazioni fossero coperto da segreto commerciale.
Dopo le dovute indagini, il Tribunale ha ritenuto che la condotta tenuta dalla società fosse del tutto silente ed omissiva di fronte ad una espressa richiesta delle organizzazioni sindacali, venendo valutata come un rifiuto ad adempiere un obbligo giuridico.
I giudici di prime cure hanno poi sottolineato l’importanza che i datori di lavoro cooperino alla tutela della sfera personale dei propri dipendenti anche sul luogo di lavoro. Una violazione in tale senso ne pregiudicherebbe, infatti, l’aspetto psicologico causando una lesione alla sfera più intima della persona.
Sulla base di queste argomentazioni il Tribunale siculo ha riconosciuto che l’omesso e continuato rifiuto da parte della società di comunicare ai sindacati le informazioni già previste dal decreto Trasparenza e, poi riportate nel decreto Lavoro, in materia di automatizzazione dei processi gestionali rilevano non solo sotto il profilo della condotta antisindacale ma anche in sede penale se potenzialmente lesive della sfera personale.
La sentenza in commento arricchisce un orientamento giurisprudenziale già formatisi in tema di interpretazione delle disposizioni previste dal decreto Trasparenza e che riconosce l’obbligo di garantire una tutela piena alla sfera personale dei propri dipendenti sul posto di lavoro.
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